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Qualche volta capito ancora ad Orvieto

Fausto Cerulli

di Fausto Cerulli

Qualche volta capito ancora ad Orvieto, passo alla libreria dei sette e chiedo a Simona cosa passa il convento culturale di Orvieto. Lei mi regge il gioco e mi passa un pacco di patinati e costosi e graficamente perfetti programmi di manifestazioni di grande impegno e valore: almeno a giudicare dall?impegno profuso dai Grafici e dal valore del denaro profuso agli stampatori. Generalmente, essendo io abbastanza educato ed abbastanza tucueffino, non butto quelle carte per strada ed aspetto il primo cassonetto che incontro. Detto tra noi mi sono rotto di questa cultura ufficiale, al biscotto e all?aperitivo in compagnia di un critico del cazzo si fa pagare le sue cazzate sui centocinquanta euro a parola.

L?altra sera mi ? successo di imbattermi, tuttavia, in due eventi culturali non ufficiali, di quelli che appartengono alla Orvieto sommersa. Per non rubar spazio alla cultura ufficiale cercher? di essere sbrigativo.

Primo evento. Via Loggia dei Mercanti, quella che porta dal Convento del Municipio al Convento di San Ludovico, accidenti al meglio. In una grande stupenda sala sopravvissuta per ora alle ristrutturazioni del Carmine. Trovo esposti dei quadri che non sono solo quadri. Sono pezzi di anima. Sono i dipinti che Orsini dipinse quando era ospite non pagante in un campo di concentramento tedesco. Perch? anche i tedeschi, se qualcuno se lo ricorda, misero su qualche campo di concentramento anche se oggi si parla solo di quelli messi su da quei comunistacci russi. I gulag hanno fatto sparire la memoria del lager. Ed Orsini ci riporta brutalmente a quella memoria. Lui si invent? la pittura per sopravvivere all?orrore. E poich? tra gli attrezzi che le esseesse fornivano ai lavoratori sforzati non era previsto n? pennello n? tavolozza, lui dipinse con le sue mani.

E i colori li prese dalla povera terra. E prese per tela quello che capitava, in genere carta da imballaggio. E con quel niente ? riuscito a disegnare l?inferno, con i compagni di albergolager che erano gi? quasi morti e lui li vedeva come fantasmi e come tali li ha raccontati. Con immagini agghiaccianti eppure serene, di quella serenit? che tocca chi non ha nulla o poco da perdere. Una diretta dal lager, una carrellata sull?orrore.
Raccontata da chi stava dentro quell?orrore. Una pittura scandita ed evanescente come doveva essere la vita in quei campi sulla cui porta stava scritto che il lavoro rende liberi. Ed Orsini si rese libero, in quel suo dipingere dall?inferno, con la speranza di lasciarne un segno, una traccia che servisse a non dimenticare l?orrore. Non credo che molti abbiano visto questa mostra, allestita senza strombazzature dal Barone in quella sala stupenda vicino al Carmine. Per questo ringrazio il Barone, la famiglia di Orsini, ed il caso che mi ha fatto imbattere in questa mostra. E aspetto il Barone alla prossima mostra, sempre che il Comune non gli tolga il locale per darlo al Laboratorio Teatrale che ha fretta di diventare un Laboratorione. Qualcuno. S?, Stefano, dico a te, a te Stefano Cimicchi.

Secondo evento. Via del Duomo, n. 18, l?indirizzo ? importante, senn? l?evento non eviene. Il locale si chiama Goa . Un negozio di artigianato orientale, ? Franco Bernucci che viaggia. Al piano abbassato, in fondo al negozio, espongono Edvige e Luigi che, per gli amici- tanti.-e per i nemici- nessuno- si chiama Nino. Nino dipinge quadri grandi, grandi non solo per dimensione. Dipinge a colori di schianto un?umanit? stralunata, gente che sta male senza saperlo ma Nino lo vede, il loro star male e lo dice, il loro star male di gente orrendamente normale. Edvige ? meno apparente, lei gioca con piccole cose, con un santino una vecchia moneta la cassa di un vecchio orologio, una spilla da balia,una forcina per i capelli:e da questo e con questo nonnulla costruisce una sua favola magica, tra la pop art e l?arte povera: e la sua favola ? una favola immensa, intrigante, senza il finale del vissero felici e contenti. Ci sarebbe da scrivere un libro su Edvige e su Nino, e qualcuno lo scriver?. Ma adesso la loro storia e la nostra sta scritta in questa mostra non ufficiale in via del Duomo diciotto, la precisione non guasta.

Non ho detto e forse non dovevo dirlo che Edvige ? stata per anni una stella del firmamento
Maoloni, s?, Pier Giorgo Maoloni, il grafico insigne che fa parte delle glorie locali esportate a Roma. Pier Giorgio non ha avuto tempo per venire a vedere la mostra di Edvige e di Nino. Per forza: lui ha tanto da fare, ? una persona importante, fa parte della cultura ufficiale. Di quella normale. Normale un cazzo.

Mi sono permesso di suggerire due eventi, ma io non sono abbastanza importante da costringervi a tenerne conto. Comunque ci conto. E vi faccio un piacere. A me hanno fatto piacere, questi due eventi non ufficiali di una Orvieto sommersa. Non ho detto affogata, e strozzata. Ho solo detto sommersa.

Pubblicato il: 27/10/2003

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