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STRADA FACENDO, DOVE ANDRANNO I CATTOLICI ITALIANI?

Mario Tiberi

L?accorato appello di Benedetto XVI  rivolto ai cattolici italiani di non aver timore a impegnarsi in tutti i campi delle attivit? umane, in primo luogo nella politica, non dice nulla di nuovo rispetto ad una prassi ormai consolidata da circa cento anni a questa parte.

Dopo la ?Legge delle Guarentigie?, il ?Non Expedit? di Pio IX e i vari ?Placet et Exequatur? di stampo giurisdizionalista, l?impegno dei credenti cristiani nella vita pubblica non ? mai venuto meno e, nel segno del pluralismo, si ? articolato non attraverso un?unica rappresentanza partitica.

Anche ai tempi della Prima Repubblica, l?allora Democrazia Cristiana non raccoglieva l?intero bacino elettorale del potenziale voto cattolico che, in porzioni seppur minoritarie, si posizionava sia alla sua destra che alla sua sinistra. Ho conosciuto personalmente cittadini, dichiaratamente atei, che avevano sposato gli ideali e il progetto politico del partito democristiano e ad esso sono rimasti fedeli finch? il corso della storia lo ha loro consentito, come al contrario molti cristiani, in nome di una spesso giustificata avversione verso le gerarchie ecclesiastiche, scelsero strade politiche diverse non senza qualche sacrificio o rischio personale.

Dopo gli eventi succedutisi alla caduta del Muro di Berlino e la conseguente diaspora dal partito cattolico, il fenomeno della frantumazione e della polverizzazione si ? ulteriormente accentuato fino ad arrivare a forme, ad oggi, ancora in parte sconosciute e non del tutto scandagliate.

Semmai, il solo elemento di vera novit? ? che l?invito del Papa deve necessariamente radicarsi nell? etica comportamentale indicata dagli insegnamenti sociali contenuti nei quattro Vangeli.

Quando si professa che ?? la norma della legge posta al servizio dell?uomo e non l?uomo divenire schiavo di essa?, che ?ogni prestatore di opera ha diritto alla sua mercede?, che ?al nostro prossimo, chiunque esso sia, va concesso il sostegno materiale e spirituale di cui necessita?, allora ? nel fare ci? che sta scritto la distinzione tra chi non deve temere l?impegno pubblico e chi, invece, traditore e incoerente, ne deve provare il massimo spavento.

Qualcosa sta bollendo in pentola: non posso credere alle parole di autorevoli esponenti della Destra attualmente al potere, quando affermano che i rapporti Stato-Chiesa sono eccellenti anche se richiedono costanti azioni di rinsaldamento e vivificazione.

Non ci posso credere per il semplice motivo che la legislazione atta a dirimere il conflitto d?interessi    

? servita solo ad uno a danno di tutti gli altri e, quindi, ha reso questi ultimi succubi e sudditi della norma divenuta legge, che la congiuntura economica, data come fosse una pura invenzione, ha determinato una lunga schiera di nuovi ?senza lavoro? e senza la legittima mercede per i bisogni di vita, che agli ultimi degli ultimi non pu? pi? essere offerta nemmeno una minestra calda perch? respinti ancor prima di capirne drammi e sventure.

La Chiesa di Pietro e di Paolo, di fronte a simili ingiustizie, non potr? non far sentire la Sua voce e, con essa, quella dei Suoi fedeli. Ai cattolici, dunque, il compito di contribuire in maniera determinante a concretizzare una svolta significativa nelle politiche sociali ad oggi stagnanti nelle paludi dell?egoismo individualistico e dell?ottimismo immotivato.

Il dibattito su questi argomenti ? solo agli inizi, ma il terreno ? dissodato e potenzialmente fertile: spetter? anche a me, cattolico e democratico, gettare un seme nel solco lasciato aperto dall?aratro.

Pubblicato il: 08/09/2009

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