Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

Facciamo la sinistra

Fausto Cerulli

Non avremo un autunno caldo. Sar? un autunno sconfitto. La cassa integrazione, anticamera del licenziamento, si far? camera a morte. E nessuno sapr? ascoltare le voci  rassegnate e talvolta tenacemente illuse di chi aveva sperato in un lavoro migliore, ed ora deve cercarsi un lavoro qualsiasi, litigandoselo con gli extracomunitari che prima o poi sentiranno nemici. E mentre la sinistra non sinistra si perder e si disperde in beghe personali,  ad Orvieto come in tutta Italia, il capitalismo sorride anche se ha poco da sorridere, stremato da una crisi che comunque non tocca la ricchezza dei ricchi, il benessere dei benestanti, la corruzione dei corrotti, la sete di potere di chi pu? potere il potere perch? gi? lo ha nel proprio certificato di nascita. E mi chiedo verso quale sponda si dirigeranno gli sconfitti, i perdenti. Non certo ad una sinistra impegnata ad uccidersi, non certo in un sindacato che si sveglia solo quando qualche operaio ha vinto una sua piccola battaglia; e si sveglia per appropriarsi, parassitariamente, di quella pur piccola vittoria.  Forse risorgeranno movimenti antagonisti, forse sentiremo ancora il pur sano- nelle motivazioni ideali- delirio dei Brigatisti di ritorno. E intanto i partiti, partiti per sempre, della sinistra, giocano a rimpiattino con i partiti, adesso arrivati, della destra. E i politici di sinistra parleranno degli amorazzi di Berlusconi, e non diranno nulla sulla disoccupazione crescente, della disperazione nascosta forse dalle sagre agostane, ma sempre pi? precisa ed ineluttabile. Anche ad Orvieto i capi della sinistra non sinistra, per darsi il tono di politici nazionali, litigano sull?aria fritta, e mai che nessuno di loro parli della crisi, degli operai, dei precari. Non credo che il loro silenzio nasconda chiss? quale malizia, magari sarebbe meglio; il loro silenzio ? sintomo, questo s? veramente sinistro, del  loro progressivo distacco dai problemi della gente, in nome dei propri piccoli interessi di bottega. Io non sono un politico polticante, ma adesso mi sento in colpa; adesso sento che dovrei ricominciare a parlare con i compagni residui, per imparare da loro quello che so ma non so dire. Voglia di scendere in piazza, quando le piazze avranno chiuso i baracconi scacciapensieri, voglia di riprendere il filo del discorso comunista con tutti quelli- e non sono pochi- che ancora si sentono comunisti. E che con il fiuto comunista della prassi, non vorranno perdersi in voli pindarici e men che meno nelle diatribe su chi sar? il Segretario di un Partito che ? ormai ridotto ad un ectoplasma. Ed a questi comunisti che voglio credere esistenti e resistenti, chieder? anche di ricordare l?insegnamento leninista della tattica come pilastro della strategia; e di tessere, nel piccolo di Orvieto, un discorso dialettico, anche feroce, con la nuova Amministrazione. Per chiamarla a rispondere su temi concreti, il lavoro, i precari, gli emarginati, per incalzarla non con vuote parole d?ordine, ma con proposte che costringano l?Amministrazione a pronunciarsi. Nessuno pensi all?aquila zoppa. Se Concina dovesse essere messo in minoranza da una maggioranza che non sa di esserlo, si andrebbe magari ad un commissariamento, e poi a nuove elezioni. E questa volta per Concina, vista la pochezza dei suoi avversari, sarebbe un plebiscito.  Non so se qualcuno vorr? accusarmi di flirtare con Toni Concina. Lui sa come la penso, ed io cerco di capire come la pensa lui. Ma so che con lui bisogna fare comunque i conti. Io so che per avere ancora speranza di comunismo, o comunque di eguaglianza, e di rispetto della dignit? del lavoro, che non ? una variabile, ma una costante, non si deve esitare a fare un passo avanti e due passi indietro. Non voglio salire in cattedra: non ne ho i titoli accademici. Vorrei soltanto che i comunisti che ancora sono comunisti, e che non scambiano Veltroni con Berlinguer, capiscano che anche nel piccolo di Orvieto, occorre ricostituire un gruppo, o un movimento, o un?accozzaglia di puri, che si faccia carico, a livello anche dell?Amministrazione, di quelle responsabilit? che i vari Germani, Trappolino & Co.non sono in grado di assumersi. Perch? inghiottiti dalla logica del bisticcio e delle ripicche, preoccupati come sono di essere protagonisti del nulla. Questo mio di oggi vuole essere un appello, una volta tanto concreto, rivolto a tutti quelli che, a sinistra della sinistra non sinistra, sono disposti a lottare sulle cose, che pesano pi? delle frasi. Ed auspico il ricrearsi di un movimento che non abbia bisogno di capi. Per cantare ancora insieme bella ciao, o per intonare senza paura di apparire vecchi l?Internazionale. Ma non per sentirci diversi, per snobbare il reale. Il mio vuole essere un invito a sperare di poter sperare. Insieme. Anche sul terreno scabroso e minato di inevitabili compromessi: che, quando sono fatti in nome della gente che una volta si chiamava popolo, sono compromessi che non compromettono, ma promettono. E comunque mantengono. Chi mi conosce sa che scrivo queste note con l?amarezza di chi si ? sentito sconfitto, ma anche con  quel poco di ragione che mi dice nomi e cognomi della sconfitta. E che mi dice che una rivincita, se potr? esserci, non dovr? avere nomi e cognomi, ma coscienza collettiva. Magari coscienza di classe, se mi si passa la oscena espressione

Pubblicato il: 24/08/2009

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