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I have a dream

Fausto Cerulli

I have a dream. S?, anche io ho sognato. Ho sognato una politica a viso scoperto. In cui gli elettori non siano messi da parte,  dopo aver votato, come kleenex usa e getta. Una politica che non venga gestita nelle cene dei notabili, nei corridoi del compromesso da cortile, ma che venga sottoposta continuamente al vaglio della gente che si ? espressa nel segreto dell?urna e nella chiarezza della coscienza; e parlo della destra come della sinistra. Invece mi ritrovo dinanzi alla brutale realt? del nulla ? cambiato. Le oche della sinistra, che non hanno starnazzato a tempo debito ed in maniera udibile per salvare il Campidoglio, starnazzano ora sulla perdita del Campidoglio. E invece di ammettere che ? stata sconfitta una classe dirigente capace di dirigere soltanto i propri interessi, invece di tentare un minimo di autocritica, che sarebbe un minimo di pudore ed un massimo di intelligenza per gente che non ha pudore, e che spreca la pur scarsa intelligenza di cui ? dotata, stanno l? a giocare a scaricabarile, senza accorgersi che del barile hanno raschiato il fondo. Mocio d? la colpa a Loriana, Loriana a Tonelli, Tonelli non d? la colpa a nessuno e si limita ad autoincensarsi  per il capolavoro strategico che ? riuscito a compiere, tagliandosi i genitali per far dispetto alla moglie: e parlo di politica, ovviamente, e non di vicende personali. Vorrei citare un episodio che mi riguarda: un compagno di cui ho molta stima, sperando di esserne ricambiato, mi propose di iscrivermi al PD, sezione Orvieto Centro: era convinto, bont? sua, che insieme, noi due ed una sparuta pattuglia di quasi onesti, avremmo potuto svolgere una funzione di freno alla arroganza dei padroni delle tessere, alla prepotenza dei capobastone. Mi recai, anche se  poco convinto, alla sede del Pd, negli stessi locali che furono del PCI. Un funzionario, dopo avermi detto che era un piacere avermi con loro, and? in un?altra stanza. Parl? con qualcuno, e quando rientr? nella stanza, mi disse che non poteva iscrivermi al PD perch? avevano finito le tessere. I padroni delle tessere, evidentemente, avevano deciso che potevo risultare un tesserato scomodo. Sono stato sempre scomodo, quando sono stato in politica, perch? non sono mai stato disposto ad essere comodo a qualcuno. Con il senno di adesso, sono contento che quel giorno le tessere risultassero terminate, magari in ristampa riservata: mi ? stato risparmiato di strappare quella che mi avessero dato. La sconfitta, sfracellante, della cosiddetta sinistra, largamente annunziata perch? pervicacemente cercata, mi ha naturalmente lasciato un vago senso di sconforto, temperato dalla speranza che comunque, quella sconfitta, potesse servire di insegnamento, e potesse fornire materia per ricominciare da capo, dopo un sacrosanto repulisti. Invece i dirigenti della maggioranza suicida hanno continuato a dirigere la sconfitta, senza averla saputa digerire. E stanno dando un penoso spettacolo di ripicche e rivalse, di attacchi personali; con il solito vizio della autoreferenzialit?, per cui nel bene e nel male, i dirigenti debbono dirigere sempre. E con il risultato di aumentare il disinteresse della gente  alla politica, e di accoppiare al disinteresse il disgusto.

Ed ora vorrei parlare dei vincitori: e dico subito che, nella amarezza della sconfitta della pseudo sinistra, mi ero parzialmente consolato pensando che aveva vinto comunque un Toni Concina, Non la becera destra neopostsempre fascista dei nipotini del duce, non la destra arrogante dei liberali berlusconiani che sono liberali soltanto con se stessi e disprezzano profondamente la gente; ero convinto del fatto che Concina, buon primo piatto, potesse minimizzare i condizionamenti dell?orrendo contorno. Mi pare di capire che avevo di nuovo sognato: Concina, con tutte le sue buone intenzioni, si trova costretto a dare peso ai notabili della destra, che vogliono mettere all?incasso la cambiale del loro sostegno elettorale, ed ? costretto a dosare assessorati ed Enti paganti, con il bilancino del manuale Cencelli di una sempiterna democrazia cristiana, orrenda ed immarcescibile. Capisco le difficolt? che Concina deve affrontare giorno per giorno; capisco che in fondo anche lui aveva sognato. Ma Concina, se vuole, ed a differenza dei dirigenti della parte sconfitta, ha ancora una carta da giocare. Pu? e deve dire che se la destra orvietana, insulsa ed insignificante per se stessa, ha conquistato il Palazzo, lo deve soltanto a lui, a Toni Concina. Chiunque altro, della destra nostrana, che si fosse candidato a Sindaco, avrebbe subito una severa sconfitta: della serie che se debbo fare Sindaco un signor Nessuno, allora mi tengo Mocio, o mi becco la Stella che almeno so chi sono.  Concina dovrebbe rivendicare il suo merito esclusivo nella vittoria del centro destra: e dire al contorno di limitarsi a fare da contorno, consentendogli di rappresentare un primo piatto digeribile. Minacciando, in caso contrario, di mandare a puttana il tavolo da pranzo. Tanto, ci sarebbe sempre una massa di nullaessenti, pronta a massacrarsi per le briciole di un comunque Potere.

Pubblicato il: 08/07/2009

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