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I conti senza l'oste, ossia come l'elettore ti cambia la politica

Leonardo Riscaldati

Non ci si annoia proprio, in questi giorni, leggendo i siti di informazione locale. Le analisi politiche si susseguono con grande velocit?. Ognuno, chi con maggiore capacit? di analisi, chi guidato soprattutto da spinte emotive, chi invece da interessi partigiani, si cimenta in attribuzioni di responsabilit?, identificazione del o dei colpevoli, ragioni della vittoria, cause della sconfitta, vittime e carnefici, meriti e errori.

In parte quello che si legge ? anche vero, ma non ? tutto. Manca secondo me l'aspetto della prospettiva da un punto di vista dell'evoluzione del sistema, la parte pi? importante dal punto di vista strategico, quella che fa e che far? sempre di pi? la differenza nel modo del fare politica (e non c'? niente da fare, ? una di quelle "ondate"  delle quali bisogner? semplicemente prendere atto ed a cui adeguarsi).

Parlo del ruolo del vero protagonista della storia. Di chi, con il suo voto, sceglie chi sar? a governare, anche nel caso dell'amministrazione di una citt?. Insomma, parlo dell'elettore.

Su quanto segue sono convinto si giocher? il futuro di chi fa e far? politica, e chi non lo comprender? sar? destinato inevitabilmente ad un ruolo di marginalit?, se non alla definitiva sparizione dalla scena.

Andiamo con ordine.

La definitiva affermazione dei telefoni cellulari, e poi quella, pi? recente, del web, anzi, pi? in particolare del cosiddetto web 2.0, il web partecipativo insomma, quello dei social networks, dei prosumers, dove ognuno pu? commentare, sindacare, dire la sua e diventare protagonista della notizia, ha provocato una crescita esponenziale della quantit? e della qualit? delle relazioni tra persone. Inoltre la moltiplicazione delle fonti dell'informazione ha portato alla creazione in ogni individuo di un punto di vista pi? cosciente e competente su ci? che accade nel mondo. Per non parlare poi della fusione, pi? recente, delle tecnologie di internet e della telefonia mobile, che ha consentito la vera libert? dal momento dell'accesso. Oggi ? possibile essere on line ovunque, basta che ci sia campo. Una rivoluzione.

Da un punto di vista sociologico la principale conseguenza di tutto ci? ?, secondo il mio punto di vista, la creazione di una sorta di coscienza collettiva. Ogni individuo non si sente pi? isolato, ma inizia a percepirsi come facente parte di un ?sistema pensante? pi? ampio, nel quale egli riconosce il proprio punto di vista come diffuso e condiviso. Il singolo punto di vista non si configura pi? come quello di un atomo sociale, ed ognuno si accorge che molti altri spesso la pensano come lui su un determinato argomento. Nel momento in cui un cittadino volesse esprimere le proprie idee, egli saprebbe di non essere solo. Questa situazione si traduce in un?arma formidabile nelle sue mani. Egli pu? comunicare in tempo reale, condividere, fare numero, massa critica, ed iniziare a far pesare in modo pi? incisivo le proprie esigenze e le proprie istanze. E da questo non si pu? pi? prescindere. E' questa l'ondata di cui parlo.

Insomma, sta cambiando la societ?, e naturalmente sta cambiando l'elettorato.

Fino a qualche anno fa il cosiddetto voto di appartenenza, quello in base al quale si esprimeva una visione identitaria, caratterizzava in modo marcato la scena politica. E, diciamoci la verit?, i partiti ci hanno marciato, e non poco. Questo significava che se il partito diceva di votare un palo della luce, l'elettore, senza fiatare eseguiva, spesso come un automa. Il voto di appartenenza riguarda in gran parte, come ? naturale che sia, le persone pi? anziane, oltre che quelle pi? connotate dal punto di vista ideologico. Ora, lungi da me fare l'uccello del malaugurio, quella che qualcuno chiamava la "livella", prima o poi toccher? a tutti, in media prima quelli pi? anziani, per il naturale corso della vita. Lapalissiano ? che il voto di appartenenza tender? a ridursi progressivamente, e sar? confinato sempre di pi? agli estremi dei punti di vista politici. In mezzo, per la grande maggioranza, la gente ha gi? iniziato a ragionare e muoversi in maniera radicalmente diversa.

Oggi, il modello di voto che si sta imponendo a causa dei mutamenti di cui parlo ? quello di opinione. Voto di opinione significa in estrema sintesi che io oggi ti voto, valuto se quello che hai fatto ? in linea con le mie attese, poi decido se confermarti la mia fiducia o se votare da un'altra parte. Siamo agli antipodi del voto di appartenenza. La gente usa il suo punto di vista personale, valuta l'operato e poi giudica (meno male, dico io) senza eccessivi preconcetti ideologici che spesso rischiano di compromettere un giudizio sereno ed imparziale. La principale conseguenza di tale cambiamento consiste nel fatto che il politico non si vota pi? a prescindere, ma grazie alla sua capacit? di saper dare risposte. Egli deve mantenere le promesse.

Mi si consenta un parallelo, che a qualcuno potrebbe far storcere il naso (e guarda caso sono proprio quelli che invece dovrebbero rizzare le orecchie e prestare la massima attenzione), con il mondo del marketing. Fare maketing in estrema sintesi significa cogliere un bisogno e predisporre un prodotto o servizio che al soddisfacimento di tale bisogno sia rivolto. Lo stesso dovr? fare la politica. L'elettore sta diventando e diventer? sempre di pi? come un cliente, attuale o potenziale. La domanda insomma. E i partiti rappresentano l'offerta, che si deve contendere il mercato, attraverso la sua capacit? di cogliere i bisogni e di dare risposte che soddisfino tali aspettative.

La prima conseguenza di tale nuovo scenario ? l'ulteriore crisi dell'ideologia. L'ideologia con tale contesto proprio non ci azzecca niente. L'ideologia, a prescindere dal fatto che sia di destra o di sinistra, ? per definizione autoreferenziale. E' l'individuo che si deve adeguare ad essa, mentre nel marketing avviene l'esatto contrario. L'ideologia ? l'antimarketing. Col passare del tempo le aree politiche maggiormente ideologiche saranno sempre pi? marginalizzate da una minore adesione della gente ai propri preconcetti (sottolineo, PRE-concetti). Il risultato sar? che i soggetti pi? ideologicamente connotati rimarranno sempre di meno, a parlare tra di loro in una sorta di circolo chiuso, senza capire quello che in realt? gli altri vogliono, perch? si daranno le solite risposte, "interrogandosi" e dicendosi quanto sono bravi e quanto sono belli, a differenza degli altri, invece "brutti e cattivi".

Chi capir? che bisogna finalmente uscire da un modo di ragionare autoreferenziale, che porta inevitabilmente all'interno di una spirale autodistruttiva, potr? sperare di sopravvivere (andranno bandite parole come "interrogarsi"; vi immaginate se in un'azienda invece che mettere al centro dell'attenzione il cliente ed i suoi bisogni, il management si "interrogasse" e basta per definire le strategie future o per risolvere i problemi? Ci sarebbe da ridere). Gli altri saranno destinati ad implodere o venire lentamente erosi come il mare fa con lo scoglio, immersi nelle proprie domande. Quasi ipnotizzati. Spariranno interrogandosi sulle ragioni della propria sparizione. Ironia della sorte.

Ritengo emblematica delle tesi che sostengo una conversazione telefonica avuta all'indomani del ballottaggio orvietano con un mio vecchio amico, ora residente fuori Orvieto, ma spesso in citt?. Egli circa 15 anni fa (aveva una ventina d'anni) non faceva mistero di autodefinirsi con orgoglio di destra. Oggi invece, mentre ci parlavo mi ha detto queste testuali parole: "Leona', qui non ? pi? una questione di destra e di sinistra, ma di semplice buonsenso". Ecco, questo ? lo spirito dell'elettore del nostro tempo, questa ? l'anticamera del voto di opinione. 

Il settore del marketing negli ultimi anni ha focalizzato il proprio interesse sul concetto di relazione con il cliente (si parla infatti di marketing relazionale). Lo stesso dovr? fare la politica: instaurare, mantenere ed accrescere relazioni con i propri elettori, con lo scopo di soddisfarli e fidelizzarli. Fidelizzare significa che il mio cliente continui a scegliere (sottolineo, scegliere) me invece dei miei concorrenti. Per un politico, come per un amministratore pubblico come ad esempio un sindaco, significa che l'elettore gli rinnovi la fiducia confermandogli il suo voto, invece di darlo ad altri.

Cosa andr? fatto, nella pratica? Il punto di partenza ? uno e semplice: ascolto. Ascolto continuo dei bisogni e delle priorit?. La seconda fase sar? quella della risposta. L'attivazione di un meccanismo circolare e ciclico tra ascolto e risposta costituisce e costituir? sempre di pi? lo strumento principe di chi fa politica per affrontare i nuovi scenari. Insomma, sto parlando di DIALOGO. Un dialogo che sia sempre corredato da risposte tempestive, concrete, visibili e soddisfacenti per l'elettore. Bisogner? smettere di dire che c'? bisogno di capire la gente e bisogner? iniziare a FARLO. Non ? una differenza da poco.

La prova di quanto sostengo credo sia evidentemente osservabile guardando ancora alla crisi che vivono i partiti politici ancora prigionieri di un'estrema ideologia. Guardarsi intorno e ascoltare, infatti, significa mettere in crisi continua i punti fermi del proprio pensiero. E questo l'ideologia davvero non se lo pu? permettere, perch? si snaturerebbe, e ideologia non sarebbe pi?.

Chiudo con un ricordo. Nel 1994 inviai al Giornale allora diretto da quello che personalmente ritengo il giornalista numero uno, Vittorio Feltri, una lettera (o una mail, non ricordo bene) da pubblicare nello spazio per i lettori, dove tra le altre cose consigliavo Berlusconi non solo di fare, ma soprattutto di far sapere di aver fatto, perch? se quello che facciamo lo sappiamo solo noi, ? come se non fosse stato realizzato per niente. Sappiamo tutti come and? a finire la storia. All'inizio del suo secondo (o del suo terzo) mandato, lo stesso Berlusconi ammise di essere stato carente da questo punto di vista (e fa caso sentirlo dire a lui, che a prescindere da valutazioni di parte, della comunicazione ? un maestro) e sottoline? pubblicamente che da quel momento in poi avrebbe dato massima importanza proprio a quello che mi ero permesso di consigliargli. Ovviamente non dico che avesse letto il mio consiglio, ma non nego che comunque provai una certa soddisfazione.

Ora colgo l'occasione per dare un consiglio al nuovo sindaco di Orvieto, Antonio Concina. Egli si renda conto (non ho particolari dubbi in merito) che, a prescindere dal valore dimostrato in campagna elettorale e dalle proprie competenze, ? stato eletto perch? si sono perfettamente incastrate tra di loro una serie di concause assai difficilmente ripetibili. Praticamente un sei al superenalotto. Sia quindi veramente il sindaco di tutta la citt?, applichi il metodo del dialogo con l'intera cittadinanza, non ricerchi semplici soluzioni, ma fornisca risultati, faccia e faccia sapere di aver fatto. Solo cos? potr? sperare di spostare i voti necessari ad una seconda amministrazione cittadina dell'area politica che a lui fa riferimento.

In bocca al lupo quindi, a lei, al nuovo consiglio comunale, alla giunta, e a chi, a prescindere dall'area di riferimento, si impegner? per cambiare la politica. Ma soprattutto in bocca al lupo a Orvieto.

Pubblicato il: 29/06/2009

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