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Apologia di un fascista poranese

Fausto Cerulli

Lo so, i miei quarantacinque lettori si chiederanno come mai uno come me, che passa per estremista di sinistra, e pensa di essere veramente di sinistra, si sia deciso a scrivere qualcosa in occasione della morte di un poranese che non aveva accettato le giravolte di Fini, ed era restato fascista mussoliniano, di quelli che andiamo a trovare il babbo e vanno in pellegrinaggio a Predappio. A Porano lo conoscevano tutti; quando ? morto per un cuore malato, a Porano hanno detto ? morto Marcello. E non c?era bisogno del cognome. Marcello era una istituzione, l?ho conosciuto sin dai primi giorni che ho abitato a Porano. Sapeva che ero comunista, sapevo che era stato fascista e lo restava. Eppure, stranamente ma non tanto, si era stretto tra noi un vincolo di simpatia affettuosa. Io lo provocavo andando in giro per Porano con una maglia con su scritto ? communist is better?, e lui mi afferrava per la maglia, fingeva di volermela strappare; poi sorrideva, gli occhi molto azzurri, il volto pieno di vita. Qualche volta cercava di spiegarmi che mi voleva bene anche se comunista, perch?, diceva lui, gli opposti estremismi si toccano. Sapeva che non ? vero, e lo sapevo anch?io; ma era una sorta di giustificazione politica ad una simpatia reciproca che non aveva bisogno di giustificazioni. Credo che sia stata la sola persona a dire a tutta voce di essere fascista; anche in un paese dove il fascismo abbonda, ma ? il fascismo strisciante, in doppio petto.  Lui era fascista e basta: ma senza cariche ed incarichi. Quando l?ho conosciuto io, forse era diventato meno incazzato alla fascista per via degli anni, e di quel cuore ballerino. Gli ultimi giorni lo incontravo seduto sotto l?albero grande di Porano: respirava a fatica, ma trovava sempre il fiato per dirmi comunista, prima o poi ti faccio la pelle. E ci ridevamo sopra, di un ridere sincero.

Lo potrei definire un fascista nostalgico; ma la nostalgia, tutto sommato, prevaleva nel suo modo di essere sul fascismo. Era deluso dalla politica: magari rimpiangeva, cos? almeno diceva, il santo manganello e il curativo olio di ricino. Ma ne parlava con ironia, forse con autoironia, certo con l?amarezza di chi pensava che la lotta politica dovesse essere comunque lotta, e non si rassegnava ai giochino parlamentari, alla svolta di Fiuggi, a Fini paladino improvvisato e interessato sostenitore dei valori democratici. Ora, mi piace dirlo, anche io non sono un sostenitore della cosiddetta democrazia, sono notoriamente un marxista leninista, un residuato storico. Il Parlamento mi sembra un?accozzaglia di mangiasoldi, e non mi frega un tubo di passare per berlusconiano: la pensavo cos? anche quando Berlusconi contava molto sul potere del Parlamento, tanto che passava il suo tempo e il suo denaro a comprare i deputati avversari per farli suoi. Marcello conosceva questo mio modo di pensarla: e forse, nella maniera paradossale che hanno le cose del mondo quando non  ? completamente immondo, mi stimava per la mia notoria avversione alle scalate politiche. O forse mi stimava perch? non vedeva in me un avversario politico: sapeva che con le mie idee non avrei fatto carriera politica. In fondo eravamo due nostalgici: lui della marcia su Roma, io della Rivoluzione d?Ottobre.  Ho parlato con lui qualche giorno fa; stava seduto sulla solita panchina, mi diceva di non stare bene, poggiandosi la mano sul petto come se volesse tenere a freno la pazzia del suo cuore malato. Ma ha trovato il modo e la forza per dirmi che si sentiva deluso della politica e dalla politica. So per certo che non amava i giochetti di potere, i balletti parlamentari.  Gli davo ragione; anche se aggiungevo, forse per scaramanzia, che io non sono sfiduciato: io credo ancora nel comunismo come progetto possibile; per lui il fascismo era ormai un sogno passato per sempre. L?ultima cosa che mi ha detto ? che credeva nella mia buona fede, e che mi voleva bene perch? avevo ancora voglia di sognare. Lui aveva cominciato a non essere pi? neppure nostalgico: aveva raggiunto la obiettivit? dei moribondi, e lo sapeva. E? morto di notte, mentre a Porano impazzava una improbabile e chiassosa notte bianca. Lo avrebbe infastidito quello sfascio di musica americana, avrebbe detto che era musica depravata. Ma forse aveva soltanto bisogno di silenzio. E se ne ? andato in silenzio, lontano dal chiasso.

Mi domando per chi avrebbe votato alle prossime elezioni: e mi rispondo che non sarebbe andato a votare, dimostrando fino in fondo la sua sarcastica sfiducia nelle cosiddette istituzioni democratiche.  Mi mancher?: nessuno avr?, come lui, il coraggio di gridarmi comunistaccio ti ammazzo. E di riderci sopra, insieme a me.

Pubblicato il: 24/05/2009

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