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Una innocente storiella di duemiladuecentosettantatr? anni fa

cerco guai

I classici, si sa, sono tali perch? sanno essere, in qualche misura, sempre attuali.
Perci? questa settimana voglio proporvi il classico dei classici dell?orvietanit?: la fine di Velzna.
Lo far? usando le parole del racconto tratto da ?homolaicus.com?.
Buona lettura, ci risentiamo alla fine per un piccolo tentativo di analisi.


?Velzna, l?antica Orvieto di origine etrusca, conobbe una rivolta di schiavi circa 270 anni prima della nascita di Cristo.
Schiavi, liberti (per buona parte greco-orientali) e plebei della citt?, cui ben presto si unirono quelli di origine etrusca, umbra, sabina e sannita, si opposero al nuovo modello economico che Roma, soprattutto dopo aver sconfitto gli etruschi, voleva imporre a tutta la penisola: grandi latifondi posseduti da poche famiglie di aristocratici, lavorati da migliaia di schiavi in condizioni miserevoli.
I rivoltosi prendono possesso delle terre coltivate, dei boschi e delle industrie del bronzo. Si attribuiscono cariche pubbliche, sostituendo tutti i funzionari in carica.
Il governo della citt?-stato emana nuove leggi: i latifondisti devono lasciare le terre in eredit? ai liberti, le terre vanno ridistribuite fra gli schiavi che le lavorano, vanno legalizzati i matrimoni tra persone di classe sociale diversa, va concessa maggiore libert? (anche sessuale) alle donne, vanno amnistiati i reati contro il pudore.
Nelle assemblee popolari tutti hanno uguali diritti: donne e uomini, poveri e benestanti, etruschi e stranieri.
Gli aristocratici rifiutano ovviamente la rivolta e inviano propri ambasciatori segreti a Roma per un incontro notturno col senato. Implorano l?intervento militare accampando falsi pretesti: i rivoltosi stuprano le donne nobili, impediscono di punire i colpevoli...
Nella primavera del 265 a.C. un grande esercito, guidato dal console Quinto Fabio Massimo, risale la valle del Tevere da Roma al corso del fiume Paglia, accingendosi a ?liberare? Velzna dai rivoltosi [e poi dice Bush? n.d.r.].
Gli scontri sono durissimi: i romani riescono a distruggere l?armata di Velzna, ma il console Fabio ci rimette la vita.
I sopravvissuti si rinchiudono nella citt?, che viene assediata per molti mesi. Privata di viveri, di acqua, sconvolta dalle epidemie, dagli incendi, dalle distruzioni causate dalle macchine da guerra romane, la citt? di arrende nel 264 a.C.
Il nuovo console Marco Fulvio Flacco fa trucidare tutti i capi rivoluzionari, incendia le campagne, rade al suolo la citt?, trascina parte degli abitanti a Roma per venderli come schiavi o farli morire in carcere.
I superstiti vengono deportati nella Nuova Velzna (Volsinii Novi, l?antica Bolsena), fondata dai vincitori sulle rive del lago.
Duemila statue bronzee vengono rubate dai romani nel tempio principale della citt? distrutta?.

Piaciuto il racconto?
Voglio provare a trarne un abbozzo di morale, lasciando, per?, il discorso aperto a tutti i lettori di buona volont?, che vorranno, nei commenti, presentare la propria visione.
A mio avviso la storia ci insegna c?? un rischio ben pi? grave dell?organizzarsi delle masse: la vendetta di quella che oggi chiameremmo ?casta?. E c?? un rischio ancor peggiore della vendetta della casta: l?intervento delle alte sfere ad apparente sostegno degli ?amici? locali.
Meno male che questa cose succedevano solo una volta? 

Pubblicato il: 15/03/2009

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