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La missione del PDL ad Orvieto

Gianni Marchesini

Il  territorio pi?  residuale  della gi?  rossa Umbria dove  l?elemosina  da Perugia, una comunit? carente di endemica intraprendenza, un insormontabile accesso al credito hanno fatto trionfare  l?idea marxista della ?democrazia  sostanziale?, ?  il territorio di Orvieto.

Qui, ?la vigilanza delle forze sane contro il capitalismo?, durante gli anni sessanta, imped? sistematicamente qualsiasi richiesta di installazione industriale richiamata dalla costruzione dell?autostrada e dalla favorevole posizione di Orvieto. Negli anni settanta, incappucciato il ?68, il Partito sgross? la sua matrice mezzadrile rendendo ?organici? alcuni giovani intellettuali i quali  coprirono istituzionalmente e forse, qualcuno inconsapevolmente, il pi? spregiudicato passaggio dal Partito-ideologia al Partito-economia, dalla cooptazione alla Coop-stazione, dalla costruzione del marxismo alle costruzioni tout court, dal controllo dell?ideologia al controllo delle ASL, degli enti, dei concorsi, del lavoro, delle licenze, dello sport, finanche, nei periodi smaglianti, al controllo delle coscienze.

Grazie al flusso dei soldi pubblici, si perpetr? quel regime di ?economia distribuita? spalmata sui ?favoriti? secondo quel girotondo che dai ?favoriti? riconduceva al Partito. Chi ne pag? il prezzo pi? alto fu l?impresa individuale, le opzioni proprie di un?economia autonoma e affrancata .Via via  l?anima della citt? ? stata devitalizzata: nessuna concreta speranza di agire individuale, nessuna di un libero scorrere sociale. Tutto ci? che ? stato possibile decentrare da questa mensa a cielo aperto per turisti fugaci e urinari che ? diventata la citt? di Orvieto, ? stato intrappolato dentro un territorio indefinibile, in fuga identitaria dalla Polis.

Questo processo storico ? il dramma di una comunit? bloccata, posta sotto il vincolo di regime, indotta ad un?economia della mancia, ? il nemico della individualit?, del merito, della creativit?. Il partito ?liquido? si ? piuttosto liquefatto in rivoli ed il sistema da cui il tutto ? derivato ha raggiunto ormai il capolinea. Le sue sorgenti energetiche, la demagogia e i soldi, sono state disattivate dalla storia l?una e dai debiti l?altra. N?, ormai,questi nostri campioni riescono pi? ad autoilludersi della propria superiorit?.

E?da qui, da questa constatazione storica che pu? prendere forza la missione politica, culturale,  civile, del Popolo della Libert?.

Qualunque siano gli schieramenti, le alleanze che lo vedranno protagonista nell?agone delle amministrative, due, io credo, dovrebbero essere gli obiettivi non negoziabili:il primo, operare dentro la cifra ideale del PDL secondo un disegno chiaro, unitario, credibile, opportuno. Chi per la prima volta opter? per un altro schieramento lo far? a condizione di percepire nella nuova alternativa una concreta potenzialit? sostitutiva, una prospettiva conveniente. Secondo, con qualsiasi formula politica il PDL affronti le amministrative, l?obiettivo non sar? quello di cambiare qualcosa, ma quello, pi? stringente, di cambiare ogni cosa. Al di sopra delle tattiche pi? strettamente politiche, il PDL dovr? innestare nell?opinione pubblica l?idea di una citt? pulsante, del tutto opposta non tanto alle azioni di un amministrazione o di un sindaco, quanto, principalmente, a questo sistema che da sessanta anni determina le scelte di qualsiasi amministrazione e di qualsiasi sindaco. N? potranno darsi compromessi con chi gi? compromesso lo ? stato e, in quanto tale, certamente non ?capace di futuro?, n? il PDL potr? coadiuvare singole personalit? quando coltivassero, in caso di vittoria, un secondo fine restaurativo e autoreferenziale.

Dato ci?, ben venga un sindaco ex machina che faccia della sua autonomia politica e intellettuale uno strumento ulteriore di consenso. Valuti il capitale politico che il PDL dovr?, sapr? conquistare e, qualora avvenisse il miracolo, sappia riconoscere alla classe dirigente del Popolo della Libert? la giusta ricompensa politica.

Pubblicato il: 07/03/2009

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