Sono sei mesi che Francesco non ? con noi
Fausto Cerulli. A cura della redazione
Sono sei mesi che Francesco Satolli non ? pi? con noi. Vogliamo ricordarlo e non abbiamo parole. Utilizziamo quelle che gli ha dedicato Fausto Cerulli. C'? pi? di quanto noi sappiamo sentire. (La redazione)
di Fausto Cerulli
Forse vuoi essere fatto
santo subito, mio quasi
figlio miscredente
con temperanza
cortese. Hai risanato
il ginocchio malato
della donna che pi?
ti ha amato dopo
tua madre; hai fatto
apparire, su un banale
display di un oggetto
banale come un qualsiasi
cellulare, frasi di donne
Innamorate di te,
che ti dicevano grande
uomo; e tu mi stringevi
il ginocchio e mi dicevi
all?orecchio ?Fausto,
ma queste delirano?.
Poi, tu giullare di un Dio
In cui non crediamo,
tu, novello Francesco
d?assisi, hai rubato
l?immagine di un
cerbiatto; ed hai schernito
le luci dei fari, attraversando
la strada con passo
calmoelegantesapiente;:
ci hai regalato il tuo
spirito che usciva indenne
da una macchina
fracassata; ci hai detto,
ma questo lo sapevamo,
che non sei morto.
Forse sei rintanato
In qualche bosco
sopra Bolsena,
matto cerbiatto
della nostra speranza.
Adesso stai esagerando;
vuoi essere santo subito,
santo Francesco del sax.
di Fausto Cerulli
Caro Francesco, quando mi hanno detto che sei morto, mi ? venuto da sorridere. Ho capito subito che non era vero, che non ? vero; e che tu stai facendo un gioco,di quelli Ironici e sfrontati e limpidi che spesso hanno divertito sia te che me. Da quando, allora eri un bambino, ti raccontavo la favola di Francescorte e Faustorte, che eravamo io e te forti come gli eroi dei miti fanciulli; ti tenevo per mano, e tu mi guardavi attento e serio, e scrollavi poi il capo a dirmi che avevi capito il gioco; ma volevi che ogni sera si ripetesse, e guai se cambiavo una virgola. La favola doveva essere sempre la stessa: con la monotonia delle favole vere; che sono le favole di cui si sa che sono favole, e per questo
ci sono care.
Sono sceso da Porano ad Orvieto, e sono andato a casa tua; c?era tuo padre, c?era tua sorella, e molti amici. Anche loro stavano al gioco; anche loro dicevano che sei morto. Ma non ho visto il tuo corpo di morto, e dunque non sei morto; quando uno muore, il suo corpo viene disteso su un letto, e intorno gli si mettono fiori. Ma la tua casa non aveva la lugubre presenza di un morto. E allora ho seguitato a sorridere: e qualcuno di quelli che non avevano capito il gioco, mi avranno preso per folle.
Poi mi hanno detto che il tuo corpo di morto giaceva in un ospedale chiamato la Nottola; e allora stavo per scoppiare in una risata: te lo immagini, Francesco, un ospedale che si chiama Nottola, un ospedale pipistrello? Sarebbe come chiamare mondezza un giardino
d?asilo. Cristo, ma come sembravano convinti, quelli che ti dicevano morto. Le regole del tuo gioco prevedevano che tutti, sulla scena, recitassero la loro parte di persone convinte di averti perduto per sempre. Anche i giornali scrivono che sei morto, ma i giornali ( noi lo sappiamo, vero, Francesco?) scrivono quello che qualcuno gli ordina di scrivere: e tu sei stato il Murdoch della cronaca cittadina, hai giocosamente manipolato la stampa locale. Hanno cercato di convincermi che tu eri morto come le mille persone che muoiono il sabato notte; ma io so che tu non frequenti discoteche, tu suoni il sassofono in giro per mezza Italia, tu la notte giri per lavoro di artista e non per sballarti.
Si sono inventati, perch? tu hai voluto che lo inventassero, che sei morto in un incidente stradale; ma a me non me la danno a bere. Ne hai avuti tanti, di incidenti, e non ti sei mai fatto nulla di grave. Perch? dovrei credere che stavolta ti sei fatto tanto male da addirittura morirne?
Ieri ho sentito il suono del tuo sassofono, tra le pareti della mia casa: e so che non era il cd che ci avevi regalato, a produrre quel suono. Eri tu. E sei tu che suoni anche adesso, mentre scrivo queste note per far capire che si tratta di un gioco. Tu, io lo so bene, sei spericolato ed audace ai limiti dell?incoscienza; come quella volta che mi sfuggisti di mano e sbattesti la testa contro una colonna del portico di Sant?Andrea; ed io ti piangevo gi? morto, e sbiancavo; ma tu ti rialzasti con un sorriso, anche se avevi il volto tuo di fanciullo coperto di sangue. E quando venne tua madre, lei sorrise del mio spavento, ed ordin? per me un cognac da Montanucci; mentre il tuo viso, lavato dal sangue, era di nuovo il tuo viso con quella strana espressione tra il serio e l?allegro che ? il segno dell?ironia. Anche allora volesti giocare un gioco, magari crudele, ma riscattato dal tuo sorriso di dopo.
Tu sei una persona stupenda, leggera come una piuma e profonda come un fiume di acqua pulita; hai soltanto questa tua voglia di scherzare, magari anche in maniera dura. Ed ora il tuo gioco comincia ad essere lungo, troppo lungo; voglio ricordarti, Francesco quasi mio figlio, che ? bello il gioco che dura poco.
E sto qui ad aspettare che tu ritorni a casa; io e Maria abbiamo preparato per te un assolo di sassofono al Boccone del Prete; so che sarai preciso e puntuale come sempre, tu che sei sempre professionale anche nello scherzo.
Oggi, o al massimo domani, ti stancherai di questo gioco; e ritornerai a suonare il tuo sassofono con la tua timidezza anche spavalda.
Facciamo cos?, Francesco: tu torni entro questa settimana a suonare il sax in qualche locale, magari in qualche piazza. E tutti capiranno quello che io e te sappiamo; che non sei morto. Non sei morto, vero, Francesco?
di Fausto Cerulli
Bisogna che ti dica, Francesco,
che a Porano ? ritornato
il vento: lo sento sibilante
sulle piante del giardino
comunale, secco come
uno schiaffo sulle porte
sempre chiuse dei vicoli
abbandonati dalla gente,
si sente come fosse un
lamento tra i balconi
e la piazza, impazza
come il suono di un
sassofono crudele
sulle vele dei panni stesi
ad asciugare come
in un villaggio sul mare.
Sai, Francesco, ricordo
che quando eri fanciullo
- s?, sei stato fanciullo e
mi eri caro come un figlio-
mi chiedevi di spiegarti
l?origine del vento; ed io
inventavo che il vento
era il lamento di una donna
abbandonata dal marito
marinaio, ed era la voce
del marinaio che veniva
a consolarla, passando
sulle onde. Mi credevi,
Francesco, tu mi credevi
sempre, tu credevi sempre
a tutto: volevi farmi capire
che ero magico. Eppure
ti ho lasciato morire
senza muovere la mia
mano fatata.
di Fausto Cerulli
Per Francesco.
Scusami ma ho dimenticato
Il tuo volto, forse lo ho
Consumato nella mia memoria
Per averti molto pensato, forse
Troppo: ricordo la tua voce
Di quando mi chiedevi
Le favole, ricordo i tuoi
Silenzi di quando
Non volevi parlare di un qualche
Tuo presentimento; ed il tuo
Passo felpato, sempre elegante
Come se fossi sempre preparato
Ad un appuntamento molto
Importante, inevitabile.
Ho anche dimenticato che
Sei morto: sai, ho una mia
Esigenza di comunque
Sopravvivenza. Vorrei
Dimenticare che adesso
Ti sto dimenticando mentre
Dimentico me stesso.
di Fausto Cerulli
Ora ti lascio alla tua morte,
non voglio portare fiori alla tua
tomba, non voglio sapere
neppure se hai una tomba,
e dove, e da chi pianta.
Preferisco ascoltare la tua
musica, incisa nella mia
memoria fortunatamente
labile, e su quella di un
compact disc. Io so, amico
figlio Francesco, che tu
mi capirai, noi non credevamo
alla morte, giocavamo
con i paradisi e con gli
inferni. Sapevamo
che comunque noi
saremmo restati vivi
in questo affetto strano,
fraterno e anche crudele.
Per questo getto un sasso
nelle limpide acque della
tua morte, e della vita
che la sorte mi lascia
e che a te ha tolta. Riesco
appena a dire ciao
Francesco, e riesco
a vivere comunque.
di Fausto Cerulli
Adesso ? giusto, Francesco,
se qualche cosa a questo mondo
? giusta, che io mi dia ragione
della tua morte, e che io
mi dica che ? stata una
signora Provvidenza, una
Coincidenza elegante,
a fermare la tua corsa,
l?andante molto mosso
di una normale sinfonia
di vita. Eri giovane, certo,
quando per certo mi sei
morto: ma molti muoiono
molto giovani, essendo
cari ad un Dio che vuole
i frutti pi? dolci. Quindi,
ora lascio il dolore alla
sua sorte, mi faccio una
risata quasi oscena alla
faccia del tuo destino;
giuro che la tua vita non
? stata toccata dalla morte,
ti faccio vivo dentro
un compact disc; sorrido
a chi mi chiede di te,
di dove sei scomparso.
E vivo dentro la tua
Ironia, che fu la mia,
per qualche tempo
troppo breve. Ti sia lieve
sparirmi dal ricordo,amico mio.
Io mi regalo
una violenta
sopravvivenza.
Pubblicato il: 23/12/2008