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Il ritorno. Dal manico alla zappa

Fausto Cerulli

Leggo che il turismo ad Orvieto ? in calo. Ma che diavolo cercano, questi turisti? Ad Orvieto si mangia bene, si beve meglio, si dorme come ghiri tanto non c?? di meglio da fare. E loro, stupidi e confusi, preferiscono Perugia, dove ammazzano le ragazze inglesi, o Terni, dove una volta costruivano cannoni intercontinentali per l?Irak e li facevano passare per tubature da petrolio, oppure vanno ad Amelia, che fino all?anno scorso era soltanto un nome di donna. La gente non si contenta mai. D?accordo, qualche albergo costa caro come fosse a quaranta stelle, in qualche ristorante

condisci il pasto con le lagrime salate del conto, in qualche negozio, invece del consueto ? desidera??, ti dicono scusi ma perch? non ci lascia in pace a chiacchierare. Ma questi sono dettagli: basterebbe che i turisti usassero il sacco a pelo, mangiassero un panino imbottito, e bevessero l?acqua delle fontanelle che non ci sono, e comprassero soltanto profilattici dai distributori automatici, per evitare contatti con commesse sconnesse. Io provo a scherzare, ma la questione ? seria. L?Amministrazione Comunale non fa nulla per rimediare, anzi si accorge che il turismo ? in calo soltanto se lo legge su qualche statistica ufficiale. I commercianti festeggiano la vittoria della apertura ventiquattro ore su ventiquattro, feste e non feste: e i sindacati locali si arrabbiano per questioni di metodo; loro non sono contrari, ma si lamentano perch? non sono stati consultati. Questi sindacati che ormai servono soltanto a se stessi si lagnano di non avere voce in capitolo;

ma fanno capire che, al di l? delle questioni di forma, sono d?accordo su tutto. In fin dei conti i commercianti e gli esercenti sono lo zoccolo duro dell?economia locale; e dunque poco male se lo zoccolo calpesta i diritti dei dipendenti. La classe operaia ? andata in Paradiso da un secolo, e i commessi non fanno commesse; per cui i sindacati, giustamente dal loro punto di vista cieco, se ne fregano altamente. I giornali locali sono pieni di articoli sulle zone a traffico limitato, argomento che ormai gode di traffico illimitato sull?opinione pubblica. Il Palazzo dei Congressi ospita con pervicacia degna di miglio causa, Congressi che interessano soltanto i congressisti. L?ultima volta che ho visto Orvieto affollata da gente di fuori, ? stato quando hanno scelto Orvieto per un Congresso pesante come una piuma i papaveri del PD. In quei giorni ad Orvieto era impossibile passeggiare; tra congressisti, portaborse, scorte armate, Orvieto conobbe un favoloso ed irrepetibile flusso turistico politico. Fu un momento di gloria, sembrava che Orvieto avesse davanti un futuro roseo come le bandiere, una volta rosse, del PD. Ma fu una bolla di sapone;

Orvieto divenne m?ta e preda di giapponesi che sostavano quattordici minuti, giusto il tempo di scattare quattromila foto digitali; e di scolaresche di tutta Italia, affamate del Duomo e del Pozzo di San Patrizio, anche perch?  gli insegnanti- dagli sotto, Gelmini- non avevano pensato neppure di guardare una guida per vedere se c?era altro da vedere.

Certo, a risollevare il guaio, non pu? bastare qualche mostra importante- vedi quella di Umberto Principe- o qualche spettacolo del Teatro Mancinelli, che ? una specie di Carro di Tespi,

dove si possono vedere Compagnie che fanno la stessa solfa in tutta Italia, compreso Lubriano: ed allora non si capisce perch? la gente debba venire da fuori a vedere spettacoli che glieli fanno nel teatro sottocasa. Orvieto ha un patrimonio etrusco come poche citt? italiane: ma in nessun manifesto promozionale se ne parla. Forse qualcuno pensa che parlare di necropoli porti iella.

E poi uno va a Vulci, e deve fare la fila per vedere la tomba Francois dove non ci sono pi? neppure le pitture, che stanno a casa Torlonia. Ma a Vulci si rendono conto del proprio passato, e lo fanno diventare loro futuro.

Si spendono soldi per la passeggiata archeologica, che non sarebbe una brutta idea, solo che non ci passeggia nessuno; anche perch? le passeggiatrici sono state tolte da tutte le strade, figurarsi da quelle archeologiche.

Chiedo perdono a Della Fina; ma forse, come assessore alla Cultura, potrebbe fare qualcosa di pi? per Orvieto, piuttosto che fare il consulente per la Rai in smania etrusca. Mi metto nei suoi panni, ovviamente: si trova in una compagnia poco stimolante, credo che ogni riunione di Giunta debba essere per lui una sofferenza, visto che si parla di tutto meno che di cultura. Per la prima volta, da quando mi occupo comunque di Della Fina, voglio consigliargli un gesto pressoch? inusuale nella prassi e nella teoria italiana; una lettera di dimissioni, irrevocabile; e motivata con motivi che a Della Fina non possono mancare.

Insisto nel sostenere che Orvieto ha tutti i numeri per diventare un polo d?eccellenza per un flusso turistico qualificato, e non mordi e fuggi. Se questo non accade, la colpa ? nel manico.

E troppi, di quelli che hanno il manico in mano, dovrebbero tornare ad impugnare il manico della vanga.

Pubblicato il: 22/11/2008

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