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Leggende metropolitane e leggende provinciali di ordinaria e straordinaria concorrenza

cerco guai

Una leggenda metropolitana ?, secondo Wikipedia, ?un genere di leggenda contemporanea che consiste in storie insolite e curiose raccontate dalla gente, che acquistano credibilit? passando di bocca in bocca?. E il bello di questi racconti ? che non si sa mai, fino in fondo, se abbiano un barlume di verit? o siano mera invenzione.

In questo inizio novembre, mese oramai dedicato quasi esclusivamente ai preparativi natalizi (che una volta partivano per l?Immacolata e, prima ancora, per Santa Lucia) vorrei deliziarvi con due leggendine riferite a modi curiosi di intendere la concorrenza ad Orvieto tra Natale e Capodanno.

La prima risale a una quindicina di anni fa, quando Marco Marino ebbe la geniale intuizione di riaprire le cantine di Via della Cava per dar vita alla manifestazione ?C?era una volta?, in cui artisti, artigiani e varia umanit? popolava, complice Umbria Jazz Winter, ?cellai? e scantinati di una strada che conosco fin troppo bene.

La leggenda metropolitana (sarebbe il caso di dire ?leggenda provinciale?, considerando dimensioni e identit? di Orvieto) non riguarda l?estinzione dell?evento, dovuta, pare, ad un mix tra cavilli formali, scambio non troppo celato di voti e incapacit? varie e manifeste, ma ? relativa all?impatto che la prima edizione provoc? in altre parti del pur piccolo centro storico.

Correva voce, infatti, che un manipolo di commercianti ?storici? di Corso Cavour avessero invitato a cena l?allora sindaco Stefano Cimicchi minacciando di togliergli il loro sostegno qualora si fosse perpetuata quella barbara abitudine di far dirottare lo struscio serale di Natale, Santo Stefano e Capodanno dal corso verso il quartiere medievale.

Correva pure voce che i signori che non gradirono questo spostamento di interesse, non solo nelle citate festivit? tenessero chiusi i loro negozi, ma non si fossero neppure preoccupati di accendere le luci delle vetrine.

Verit?, pi? o meno condite, di un piccolo villaggio di profonda provincia? Fantasie di menti annoiate e invidiose? Chi mai pu? dirlo? In fondo il bello delle leggende contemporanee ? proprio questo.

E passiamo ad un altro di questi racconti sospesi nel limbo, tra vero e inventato, tra documentabile e inverosimile.

Tutti sanno che la pi? nota ditta giapponese di produzione di pellicole fotografiche ? da sempre la Fuji, che prende il nome dal pi? celebre vulcano nazionale, il Fujiama.

Pare che, quando la Kodak volle iniziare a produrre ed investire in Giappone, diventando il principale concorrente di Fuji e sottraendole una cospicua fetta di mercato, non sia entrata dalla porta di servizio, ma abbia impiantato la sua azienda proprio di fronte a quella concorrente, facendo sormontare il proprio stabilimento da un enorme dirigibile con la scritta ?Kodak?.

I narratori di questa vicenda, di cui non si trovano riferimenti certi in letteratura n? su internet, riferiscono divertiti di come, ancora oggi, per i bambini giapponesi i dirigibili si chiamino tutti ?kodak?.

Vi state forse chiedendo cosa c?entri questo aneddoto con Orvieto e con il Capodanno?

Beh, dunque, vediamo, se al posto di ?Fuji? mettessimo ?Orvieto Classico? e al posto di ?Kodak? un bel ?Trento DOC?, sareste ancora cos? disorientati?

Ma non preoccupatevi, tra qualche anno nessuno sapr? pi? se ? successo davvero o se sia la fervida fantasia di miseri provinciali annoiati e malpensanti, un po? come per la vecchia leggenda del corteo storico alle Colombiadi o per il trattamento riservato ad un certo Menotti e alla sua strampalata idea di fare a Orvieto un festival su strani mondi?

 

 

PS: riprendo la sana abitudine di rispondere ai commenti non urgenti con una certa calma.

 

Alla Signora Emanuela, che due settimane fa aveva scritto ?[?] il problema non ? maestro unico o prevalente o pi? di uno. Il problema ?, semmai, insegnante preparato e competente o insegnante che aspetta il 27 e tira a campare. Di questo per? non si parla. Anche tu hai messo in evidenza che con un maestro unico si potrebbe avere la corsa all?accaparramento del pi? ?bravo? quindi, vox populi, si conoscono i nomi di quelli pi? preparati [?]?, vorrei rispondere che ? ovvio che preparazione e metodi di insegnamento differenti o carenti possono provocare effetti diversi e perfino deleteri, proprio per questo a me piacerebbe una certa alternanza. Acquisire metodi sbagliati di studio o di interpretazione della realt? da molto piccoli significa spesso mettere delle tare sulle proprie vite da adulti. Inoltre, se uno impara alle elementari a usare o pronunciare male il verbo essere o avere in inglese, dovr? faticare molto per scrollarsi quelle abitudini, crescendo. In anni di lezioni private (quando avevo tempo facevo pure questo) ho visto per? come una (a volte solo presunta) incapacit? dell?insegnante venisse usata troppo spesso come alibi per figli furbetti e genitori tanto compiacenti quanto poco inclini a parlare dei problemi di relazione studenti-insegnanti con gli stessi docenti o coi dirigenti. Mi fermo qui per brevit? e per evitare di parlare di comunicazione non verbale, di fiducia, di quanto siamo diversi l?uno dall?altro e dei massimi sistemi. Grazie per avermi dato modo di precisare.

 

 

A Pasquino, che ha fatto un lungo e interessante commento la scorsa settimana, svelando la sua identit? ai pi? informati (tempo fa scrisse di non abitare lontano da me, ora ci rivela il suo compleanno e i dettagli di una discussione con l?ex sindaco) dico che ? in buona compagnia.

So infatti per certo che pi? di un orvietano, incontrando Stefano Cimicchi dopo quelle famose e contestatissime elezioni, lo abbia salutato con un sorriso compiaciuto che voleva dire ?Ti sarebbero bastati i voti della mia famiglia?.

Pubblicato il: 03/11/2008

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