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Rifondazione, ovvero il coraggio di essere se stessi

Fausto Cerulli

 

Rifondazione Comunista, ad Orvieto, ha deciso di presentarsi con una propria lista e con la propria bandiera alle prossime elezioni amministrative. Una decisione coraggiosa, che sar? contrastata dai burocrati, per via che la sinistra di rifondazione ? in minoranza ad Orvieto, rispetto ad una maggioranza uscita vendoliana dall?ultimo congresso locale. Qualche chiarimento, per non confondere troppo le idee soprattutto a me stesso. Rifondazione, dopo la sconfitta alle elezioni politiche, ha pensato bene di spezzarsi in due correnti, a livello nazionale. Da una parte la corrente di Ferrero, intenzionata a salvare il salvabile di una sinistra vera e viva; dall?altra la corrente di Vendola, stretta ormai nell?abbraccio rivelatosi letale di una sinistra dalle molte sigle e dalle poche idee; salvo quella di restare comunque nell?arco dei partiti che non fanno paura alla gente cosiddetta per bene; e pronta magari ad elemosinare un assessorato anche da un Sindaco berlusconiano. A livello nazionale Ferrero ? risultato vincente, segno che qualche sinistra sopravvive in questo cimitero di croci poco rosse. Ferrero ha vinto anche a livello della regione umbra e della provincia umbra: ma ad Orvieto, dove regnano i Ricci e gli Antoniella, ha vinto la corrente di Vendola. In altri tempi i compagni della rifondazione vera avrebbero alzato bandiera bianca, avrebbero fatto cattivo viso a cattivo gioco: e si sarebbero allineati con gli opportunisti di sinistra, reduci da una specie di coordinamento locale dove c?erano tutti; dalla Sinistra Democratica ( mi raccomando l?aggettivo, senn? qualcuno pensa che sia sinistra sinistra, sinistra e basta.). Mancavano soltanto quelli di Forza Italia, e i democristiani di Bordino e i leoni di Parretti. In un sussulto di orgoglio, la minoranza locale di Rifondazione ha rifiutato gli inciuci; e ha detto chiaro e forte che Rifondazione non vuol dire Riconfusione.  E dunque vuole contarsi, contare quanta gente, ad Orvieto, non ha preso le distanze dalla bandiera rossa, e da un ideale comunista che torna a farsi reale nel momento in cui il capitalismo mondiale sembra una barzelletta alla Woody Allen, feroce e tragica insieme.

Il capitalismo non si ? accontentato di seminare guerre orrende e carestie chiamate globalizzazione: ora sta divorando se stesso, sprofonda in quella fine che un certo signor Marx aveva previsto come inevitabile. Le Banche non si fidano delle Banche, i risparmiatori risparmiano l?aria che respirano, anche inquinata; tutte le mattine  i lavoratori scorrono gli indici di Borsa per calcolare se possono comprare il pane;  gli operai muoiono come mosche; e perfino Tremonti, che aveva intravisto la crisi del mercato globalizzato, sta facendo la figura di un economista di respiro universale, mentre la Francia va in recessione, l?Inghilterra salva soltanto la Regina;e la  Germania, se si incazza, rimette in sella Hitler; tanto i nazisti stanno gi? trionfando nella non lontana Austria. Il mondo ha bisogno della sinistra, se vuole salvare il mondo come mondomondo e non come mondo immondo.

Ho divagato, al solito. Ma soltanto per dire che anche una piccola realt? come Orvieto pu? lanciare un segnale, o farsi parte, comunque, di un segnale. Che dica che la speranza di un mondo giusto non pu? essere uccisa da un Bush e da un Putin, e non pu? essere messa a tacere da uno squallido Berlusconi cui non sa opporsi un altrettanto squallido Veltroni. Occorre ben altro, occorre un nuovo che abbia le proprie radici nell?antico. Occorre una rifondazione della politica di sinistra che riparta dalle fondamenta non ancora del tutto marcite della sinistra comunista. Qualcuno adesso schernir? il solito Cerulli che parla ancora e sempre di comunismo: ma Cerulli potrebbe fare il conto delle cazzate che il mondo serio ha inventato e con le quali ha illuso e strapazzato questa terra. Mi accade, qualche sera di non pi? ragazzo, di riandare al mio passato politico: ero della sinistra lombardiana quando Lombardi nazionalizzava l?Enel;  ero , con Giulio Montanucci, quello che passava la sera nelle case di campagna per capire e far capire che c?era spazio socialista per i socialisti in un congegno che si chiamava PSIUP. Quando ? nata Rifondazione, ho gettato nella nuova avventura il mio bagaglio di entusiasmo e di sconfitte. Con Rifondazione ho sempre avuto un rapporto difficile; ero l?elemento che sterzava troppo a sinistra, che mandava a quel paese le burocrazie; e sono stato anche espulso, quando fui candidato al Senato per Luca Coscioni; anche se dal palco di Piazza della Repubblica dissi che lo facevo soltanto per una battaglia civile. Mi scrissero che mi espellevano per indegnit? politica: ma non ho cessato di prendere a cuore quello che accadeva in quella piccola chiesa comunista, e dicevo le mie preghiere di marxista. Non ho mai avuto uno straccio di incarico: gli  incarichi spettano agli incaricati dell?incarico . Potevo chiedere magari di far parte di qualche direttivo quando portai undicimila voti, sul mio nome, alle elezioni provinciali. Ma non era mestiere, per me, quella battaglia politica; n? trampolino di lancio. Le cariche mi scaricano, detto tra noi.

Ora rimango senza tessera, ma resto schierato dove e come sempre. La mia piccola soddisfazione la provo quando qualcuno, che non riconosco- il tempo passa- mi dice ?Fausto. Ti ricordi quelle battaglie, quella voglia comunista?? E non mi fa piacere soltanto che ricordino il mio nome: mi d? gioia che ricordino il comunismo, e lo tengano in cuore. Per quello che so e posso sar? con quelli che credono ancora al comunismo, anche da una roccaforte forse debole come Orvieto.

Mancher? all?appello un compagno che sarebbe stato dei nostri: senza sua colpa,lo abbiamo perso per strada, anzi per autostrada. Ma, come si diceva una volta, Francesco ? vivo e lotta insieme a noi. Si ? capito, che sono comunista?

Pubblicato il: 05/10/2008

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