Archivio Orvietosi Archivio anni 2002-2012: CORSIVI
NOTIZIE CORSIVI

Una pagina scritta con il cuore

Fausto Cerulli

di Fausto Cerulli

 

Lasciatemi scrivere una pagina da libro cuore. Mi riesce difficile, ho sempre cercato di comprimere questo strano muscolo che serve a farci vivere ed a farci morire. Ma adesso ho saputo che ? morta la mia maestra di quando feci un trimestre di quarta e tutta la quinta alla scuola elementare di Orvieto, a Piazza Marconi.  Lei aveva un nome che allora mi sembrava magari anche strano, Piccarda, e strano mi rimase finch? non lessi la Piccarda di Dante che ancora oggi mi sembra la figura femminile pi? straordinaria della Divina Commedia: e forse perch? aveva il nome della mia maestra o viceversa. Piccarda Moriconi. Magari uno dice ma perch? stai a parlare di lei, tieni per te i tuoi sentimenti. Ma io ricordo che avevo frequentato fino alla quarta e due trimestri una scuola di paese, dove facevo la mia figura perch? ero il nipote del medico condotto e sapevo quelle quattro o cinque parole in pi? che facevano la differenza. E quando mi trovai sbalzato in una scuola grande come una caserma, con tante classi ed una maestra per ogni classe ( al mio paese- Cantalice per la cronaca della serie adesso non me ne frega se non ve ne frega niente- il maestro faceva scuola alla prima

alla seconda ed alla terza ed alla quarta ed alla quinta e si stava tutti assieme in una stessa aula) ricord? che mi sentii tipo il bambino che era andato dagli Appennini alle Ande. E lei, Piccarda Moriconi, cap? sin dal primo giorno quel mio essere spaesato nel senso letterale della parola di uno che ? strappato dal paesello: e mi convinsi che mi volesse bene in maniera esclusiva, e crogiolavo la mia timidezza nell?immagine del seno grande di lei. Ho capito soltanto dopo molto tempo che lei faceva sentire ognuno di noi allievi il suo allievo prediletto. E non era un gioco da maestra. Non era una maestra mamma. Aveva il suo modo di essere severa, ma anche il suo modo di sorridere subito dopo. I miei compagni di scuola mi sembravano emancipati, rispetto alla mia timidezza che poi mi ? rimasta anche se faccio finta del contrario: e da loro sentivo dire, quasi fosse un segreto inconfessabile, che la maestra Piccarda era una bella donna. Io non sapevo distinguere la bellezza

femminile, tanto meno graduarla: mi bastava sentirmi tranquillizzato dal suo sorriso

quando sorrideva o mortificato dei suoi rimproveri quando mi rimproverava. Mi faceva

sentire come gli altri, e non era poco, davvero non era poco. Ricordo che aveva una

sua abitudine che allora mi sembrava da favola, ed anche adesso. Quando finiva la lezione,

le faceva piacere che qualche suo allievo la accompagnasse fino al portone della sua casa,

portandole i libri ed i compiti in classe da correggere. Facevamo a gara, per essere

i suoi damigelli d?onore: e per diverso tempo, ricordo, la spuntavo io con la scusa

che abitavo vicino alla sua casa. E mi sentivo orgoglioso di accompagnarla, e mi

sembrava che tutti gli orvietani dicessero guarda quel mocciosetto forestiero che accompagna la bella Piccarda. Mi faceva sentire importante. Sembra una stupidaggine, a dirla oggi, che magari i ragazzi di quinta gi? sanno di sesso e controsesso: ma allora era una specie di favola, da Piazza Marconi a via di Piazza del Popolo dove allora abitava: lei con il suo passo slanciato di donna alta ed altera ed io che le arrancavo dietro, e lei che sorrideva e salutava e salutava e sorrideva ma senza trattenersi a parlare: ed io mi sentivo coinvolto in quei sorrisi, mi sentivo salutato da quei saluti. Cristo, se mi faceva sentire importante.  E penso oggi che se lei si fosse trattenuta a parlare con qualcuno io sarei stato geloso: e ricordo che una volta che lei davvero si trattenne a parlare con un tizio, io gettai per terra i suoi libri ed i compiti in classe, e la piantai in asso. Il giorno dopo, per punizione, mi fece stare mezz?ora in una posizione di cui non ricordo il nome e  che consisteva

nello stare quasi immobili al banco, con le braccia conserte. Fu mezz?ora di martirio gaudente: pensavo tra me e me ( o  forse lo penso adesso per allora) che lei si volesse vendicare perch? l?avevo piantata in asso. E mi dicevo ( o forse lo dico adesso per allora) che se si vendicava voleva dire che le era dispiaciuto che io l?avessi piantata in asso a quel modo mio di ragazzino scorbutico di paese: e se le era dispiaciuto voleva dire che io contavo, altroch? se contavo, per lei, Naturalmente non mi passava neppure per la testa che lei volesse semplicemente punire un mio comportamento villano. E neppure oggi voglio pensare che fosse una semplice punizione. In qualche modo, a pensarci oggi, ? stata la prima donna di cui sono stato goffamente innamorato.

Fino a qualche anno fa andavo spesso a trovarla: ed era sempre un?emozione. Stamattina,

quando mi hanno detto che ? morta e che ? gi? una settimana che ? morta, ho pianto

sinceramente come non mi accadeva da tempo. E mi dico che allora ? proprio vero che il primo amore non si scorda mai.

Pubblicato il: 27/08/2003

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