Todi
Fausto Cerulli
Per aggressiva che sei quando ti vivo,
mi appari sfumata quando arrivo da te
passando per le colline umbre, fatte
da te per te, per la tua storia strana.
Sanno di vento e mare, queste sfumate
colline lontane assai dal mare vero,
ma tutto ? poco vero in questa terra
di spade e di poesia. A San Fortunato
guardo i bassorilievi osceni che nessuno
conosce; e sono meno osceni essendo
osceni soltanto per la mia fantasia
malata quanto basta per essere ambizione
di poesia. Mi regali palazzi, concentrati
in una piazza concentrata di luce.
Hai curato le tue mille ferite, la tua
pelle non serba traccia delle ustioni
disumane; e pi? non crolla pavimento
sotto il corpo della donna di Iacopone,
frustata da un cilicio imprevisto, misto
di masochismo erotico e di fede.
Cos? sei tu, sei mistica e puttana;
hai vicoli e bordelli, squarci rabbiosi
di loggiati e portoni, voglie di voglia.
La tua soglia ? la soglia dell?Inferno,
ma dietro si nasconde il Paradiso:
Jacopone chiede perdono in quella
prece strana che ? bestemmia e invettiva;
e di questi contrasti si fa viva la tua
lentissima morte, cara a un Vate
che non ti volle citt? del silenzio.
Ma tu sei padrona del tempo, lo misuri
a misura di arte, lo fai umano.
Ed umano ? il silenzio che ti avvolge
come un sudario, no, come un lenzuolo
di un letto sfatto per un troppo amore.
Io ti vedo colore della morte, e sorte
di una festa improvvisa; e ti cammino
in solitaria processione non devota
ma santa comunque, come le malate
d?amore sante umbre, giovani
all?estasi e vetuste al piacere.
Pubblicato il: 01/09/2008