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Quello strano mezzo dialetto che parliamo noi del tufo e dintorni?

cerco guai

Digitando, quasi per burla, ?dialetto orvietano? su Google, ho trovato, con immensa sorpresa, diverse migliaia di pagine che ne parlano, tra cui il ?Blog della lingua orvietana?, in cui un manipolo di nostri concittadini si diverte a scrivere di Orvieto, dei suoi beni e dei suoi mali, utilizzando l?idioma locale.

Non poteva non nascerne una mia riflessione sia sulla incapacit? a riprodurre il biascicare stiracchiato e l?intonazione cantilenante che Pino della Cava (Crispino Morelli, l?ultimo interprete del vero dialetto di Orvieto) s?? portato con s? nella tomba, sia sul fatto che il nostro dialetto non sia una vera lingua come il veneto o il napoletano, quanto piuttosto una storpiatura della lingua italiana, con l?aggiunta di alcuni termini ?originali?.

Lungi da noi, comunque, la pretesa che il nostro idioma sia l?italiano corrente della Crusca (che da noi sarebbe, poi, l??Accademia de la Semmola?), prerogativa dei fiorentini che ribadiscono fieri: ?ovvia, la si sa hhe noi la si parla ?thagli?no?.

Da noi si sa che i termini italiani sono solo un po? pi? lunghi e precisi di quella variante che usiamo in famiglia, che i verbi non finiscono accentati ma con ?-are?, ?-ere? o ?-ire? e che la ?j? si traduce con ?gl?. E questo a grandi linee.

Poi ci sono i termini ?originali?, come ?tamanto? (molto grande, dal latino ?tam magnum?), ?brollazze? (seccume, sinonimo del pluralia tantum ?pampujie?), ?s?cciche? (ascelle), ?caraolla? (caviglia) e via discorrendo.

Ci mancano, per?, forti inflessioni ben riconoscibili, come la ?d? perugina o il ?donghede? delle finali ternane (tanDo, sconDo, accenDo?), dato che ci accontentiamo di aprire qualche vocale, specie le ?e? delle penultime sillabe: fr?no, Orvi?to, f?rmo?

I vecchi dicevano: ?So? d?Orvi?to e si nu? lo dico cr?po?, e ancora oggi, quando sentiamo qualcuno che si qualifica come locale dicendo di essere di ?Orviiito?, con ?e? cos? stretta che giusto a Terni, Narni e dinDorni, noi lo sgamiamo subito e cerchiamo di sciacquarcelo il prima possibile.

Ogni riferimento alla ex direttrice artistica del Corteo Storico della Citt? di Orviiito ?, Dio c?chime, puramente casuale.

Ma passiamo al plurale, dove tutto ? femminile, per la gioia delle pari opportunit?: ?le faci?le co? le sasse e le carabbini?re co? le baffe? era il motto che accompagnava, fino a qualche anno fa, gli orvietani blasonati quando osavano spingersi oltre il Tevere.

Di recente mi ? capitato di dover commentare questa bizzarra declinazione plurale con un giovane turista del nord, ospite di un agriturismo vicino alla rupe, dove, proferendogli un cesto pieno di ?fallaccioni?, due attempate signore gli hanno rivolto la domanda: ?Signore, le gradisce le nostre fiche??, lasciandolo interdetto. Salvo poi aggiungere: ?So? fresche fresche, appena c?rte da la pianta? riportando tutto nei ranghi della decenza.

Un po? di confusione, comunque, nel distinguere dove finisce il dialetto e dove comincia l?italiano, resta sempre, a meno che uno non si cibi di Devoto-Oli ad ogni pasto. Provate infatti ad andare a Roma e chiedere uno scalandrino. Vi rideranno dietro, ammesso e non concesso che comprendano cosa state cercando. Un po? come se a Orvieto cercate uno scal?o, che invece sul dizionario ci sta. Oppure provate a salire di corsa su un taxi a Milano e dite al conducente che avete prescia, e gli vedrete strabuzzare gli occhi, cos? come quando i toscani ci dicono di avere furia e noi pensiamo subito al cavallo del west.

Sul cibo, poi, manco a provarci a chiedere una lumachella a Bologna o una cicala (fiore di zucca fritto) a Napoli. Dovreste per forza tradurre, come hanno fatto per quattro giorni i ragazzi friulani del Folk Festival, che hanno spiegato a tutti che il frico ? una sorta di torta salata di patate e formaggio cotta alla piastra.

Proprio andando alla ricerca di curiosit?, anche dialettali, su questo gemellaggio culturale col profondo nord, ho aperto il sito di Pasian di Prato, il cui gruppo folkloristico ha chiuso la manifestazione di Piazza del Popolo, e ho scoperto che davvero l? si parla un?altra lingua: i rifiuti si raccolgono porta a porta e la tassa di smaltimento ? stata sostituita da una tariffa che tiene conto dell?effettiva produzione e della tipologia, sono state istituite delle eco-piazzole con orari prestabiliti per il ritiro dei rifiuti speciali, c?? il consiglio comunale dei ragazzi, si tengono periodicamente dei corsi per baby sitter con tanto di patentino che ne autorizza la professione anche nei comuni limitrofi e, dulcis in fundo, esiste anche la figura del difensore civico, locuzione che non appare affatto nella lingua che parliamo da queste parti.

Pubblicato il: 01/09/2008

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