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Coprifuoco Orvietano 2 - Il ritorno

Leonardo Riscaldati

Gi? mi immagino la locandina. Un'inquadratura della rupe e del suo circondario, dall'alto, di notte, con tutte le luci orvietane spente. Intorno, nell'hinterland, invece, tante luci colorate accese, che squarciano le tenebre, e fanno da corona al buco nero orvietano, illuminando la citt?, ma appena e di riflesso, quasi a beffarsi di lei, grossa e cojona balena dormiente. Nella grafica vedo anche dei pentagrammi ondulati e colorati, con sopra delle note musicali, che escono aprendosi dai punti di provenienza delle luci. A Orvieto, invece, niente.

Ho chiara in mente anche la scritta da mettere in basso, in piccolo, sotto all'immagine: La citt? del crepuscolo.

 

Non ? un film, purtroppo. Il titolo si riferisce al fatto che ad un anno di distanza dalla pubblicazione del pezzo "Coprifuoco Orvietano", mi ritrovo a dover commentare la situazione di una Orvieto ancora comatosa e statica. Una mummia (la rupe come sarcofago, non male come immagine, si potrebbe fare un bel depliant promozionale. Almeno si farebbe una comunicazione coerente con il prodotto...).

 

Poche sere fa una persona a me cara si ? ritrovata a parlare con due coppie di turisti baresi. Erano circa le 21. Solita la domanda: -Ma non c'? niente da fare in giro?- Risposta, pi? o meno: -Eh! Avoja, da sta sveji tutta la notte!-

Morale della favola, sono rimasti solo due giorni e se ne sono andati in anticipo rispetto al loro programma. Ora una domanda da un milione di dollari: i tizi, cosa diranno della nostra citt? quando torneranno a casa? Citt? turistica morta. Appunto.

Tutto ci? ? devastante per l'immagine della rupe.

 

Durante un'estate in cui ad esempio, e per non allontanarsi troppo, in tutti i paesini del circondario, anche in quelli di 200 anime, si susseguono serate (nottate) di sagre, balli in piazza, occasioni di incontro, momenti di socializzazione di varia natura, concerti, bancarelle, e chi pi? ne ha pi? ne metta, Orvieto ? rimasta a guardare, immobile.

Nei paesini ogni estate ci si d? da fare, c'? un senso di comunit? che noi non abbiamo, si vuole dare vita al luogo in cui si vive, anche sacrificando qualche ora di sonno, perch? in realt? ne vale la pena e si fa un favore a tutti gli abitanti.

Oh, a Canonica, sagra dell'ombrichello (faraona in salm? che cava li sentimenti, tant'? bona), ce saranno le persone anziane che preferirebbero dorm?? E invece fino a notte avanzata si balla il liscio in piazza, con gente, giovani e meno giovani, che si diverte e FA CASINO. E la gente ci va, eccome se ci va. Lo stesso vale per molte altre sagre e manifestazioni anche musicali che ci sono in giro.

 

A Orvieto invece no. Per carit?, mica saremo matti. A parte il festival folk, ottima iniziativa, ma goccia in un deserto lungo un'estate, la nostra citt? potrebbe sembrare Civita di Bagnoregio.

 

Adesso leggo poi che non si potr? pi? suonare musica live nei locali orvietani (non cento, si contano sulle dita di una mano) che tengono aperto la sera dopo cena.

Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla vendita delle bevande o la loro somministrazione in bicchieri di vetro nulla da ridire, per carit?. Ma niente musica, specialmente la sera durante il weekend, in una citt? che si professa turistica e che dovrebbe attrarre gente, almeno dal circondario, ? semplicemente roba da matti. Pura follia.

 

Si trovi un punto di incontro, del tipo staccare la musica a mezzanotte e mezza. Capisco le rimostranze della popolazione residente nei dintorni dei luoghi di incontro, ma se i cittadini della rupe avessero a cuore i benefici (di immagine, di prospettiva, turistici ed economici) per la citt? al pari dei bisogni personali (assolutamente legittimi, per carit?), si potrebbero trovare soluzioni equilibrate. Perch? cos? si soffoca sul nascere ogni boccata d'ossigeno per la citt?, intesa nel suo complesso. Forse in decenni di stasi ci siamo abituati troppo bene. O male, in base a come guardiamo la faccenda.

 

Il problema principale del cittadino medio orvietano, nei confronti di questa situazione ? il rapporto tra sfera privata e interesse collettivo (interesse sociale quanto economico). La prima sovrasta senza piet? il secondo.

Il nostro ? un costume mentale ormai talmente sedimentato che il cambiarlo, nelle persone pi? anziane in particolar modo, ? fuori discussione.

 

Per nostra sfortuna non veniamo da una cultura dell'accoglienza turistica tipica di altre localit? italiane, non siamo commercianti o imprenditori nel senso pi? vero e dinamico del termine. Se guardiamo la storia orvietana dell'ultimo secolo scopriamo ben altra situazione (della quale si potrebbe parlare per giorni), e questo ci ha penalizzato e ci penalizza tuttora, soprattutto a livello culturale.

 

Non capiamo che fare qualche sacrificio fa bene alla citt? tutta, specialmente in prospettiva. Orvieto ? una cittadina atomizzata, dove ognuno guarda solo alle cosette sue. Da un punto di vista prettamente sociologico potrebbe sembrare una contraddizione. Ma tant'?. In realt? ci vorrebbe pi? equilibrio e un tantino di elasticit? mentale.

 

Probabilmente finch? non ci sar? un ricambio generazionale complessivo ed a ogni livello (amministrazione, popolazione, commercianti), che porti una ventata di freschezza e di energia dinamica nella nostra citt?, si far? poca strada. L'unica arma forse efficace di cui dotarsi, diventa allora quella della pazienza. Ma il campa cavallo ?, come ? noto, una magra consolazione.

 

E' un vizio tutto orvietano, l'irrigidirsi di fronte alla novit?, a prescindere dalla sua natura. Il non cambiare mai niente, il non interrompere le abitudini ormai cristallizzate e rassicuranti, ma ormai anacronistiche, di una citt? che si muove all'interno di una ripetitivit? circolare, quindi fondamentalmente statica, con la chiusura preconcetta e la diffidenza nei confronti di ogni cosa che possa cambiare la situazione. ? un vizio tutto orvietano il non comprendere il mondo che cambia.

 

Il salire la sera durante i weekend ? rimasto uno dei pochi motivi che fa venire i giovani a Orvieto. Togliamogli anche la musica, cos? ? fatta.

 

Ci manca solo che ci impongano di parlare sottovoce dalle 21 in poi in giro per il corso, cos? chiudiamo la baracca tutta.

 

Che dite gente, bisogner? rassegnarsi a vivere in una citt? dormitorio, emigrando tutti i fine settimana a decine se non centinaia di chilometri di distanza, per trascorrere una serata piacevole?

Pubblicato il: 28/08/2008

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