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Festa della sinistra che resta

Fausto Cerulli

Festa della sinistra che resta. Sferracavallo ha vinto la propria battaglia contro la democrazia poco democrazia e molto cristiana di Mocio, sindaco per grazia di Dio e per volere, insano, di Stefano Cimicchi: e la festa si svolge in quei giardini della Stalingrado orvietana, che Mocio voleva negare per motivi di sonno pubblico. La gente non ? molta; rubata dalle vacanze estive, dalla scarsa pubblicit?, dalla dolosa assenza di telepelliccia, vittima di una feroce autocensura preventiva. E manca pure quell?aria perditempo della Festa Democratica, ex Festa dell?Unit?: ma che unit? stiamo a cercare, se Veltroni e Rutelli litigano su tutto tranne che sugli ossequi alle leggi di papa Ratzinger?..

Manca l?organizzazione; e questo ? bene, se ci hanno tolto il comunismo ci lascino almeno un tasso di minima anarchia. La tenda delle vettovaglie, al solito, ? stracolma; l?odore dei fegatelli aleggia ovunque, memoria di altre feste, quando le feste erano festose. Riconosco antichi compagni, hanno l?aria delusa, non hanno ancora assorbito la botta elettorale; e forse non vogliono capire che la crisi della sinistra di sinistra non ? stata una crisi elettorale. Lasciamo questo tipo di crisi a Mastella, ai casini di Casini,  gente che conta i voti con il bilancino della corruzione e dello scambio. La nostra crisi, e chiamo nostra la crisi di una sinistra in cui comunque mi riconosco, viene da lontano e forse non porta lontano: ? cominciata quando Rifondazione ha pensato che allearsi con gentucola come Pecoraro fosse la panacea; e non voleva capire che allearsi con i Verdi ? letale; perch? i Verdi non hanno nulla di sinistra, sono ambientalisti perch? non hanno di meglio da fare, e possono sempre barattare una briciola di potere in cambio di un silenzio assordante sullo scempio delle citt?. Difendono l?ambiente per venderne la difesa al migliore offerente. Verdi, s?, ma di bile: e mai contro il sistema; neppure contro il sistema dei palazzinari e dei loro leccasedere politici.

La crisi viene da lontano: da quando si ritenne possibile fare opposizione insieme a Veltroni, pur con qualche distinguo del tipo marciare divisi per colpire uniti. Eppure qualcuno cercava di capire e di far capire; e predicava, profeta inascoltato, che a furia di fare una politica di compromessi era inevitabile essere sconfitti da chi, e da sempre, ? maestro del compromesso. Qualcuno provava a dire che si poteva essere di sinistra soltanto se si era soltanto di sinistra: e che non si poteva gestire la rabbia della gente senza speranza mettendosi insieme a chi insisteva ad ignorare la disperazione, i bisogni materiali crescenti; l?impoverimento di massa come contraltare dell?arricchimento crescente e mostruoso di pochi. Tutte previsioni che erano state fatte, puntualmente da quel vecchio Marx che ha il difetto di essere sempre attuale. Ma non si doveva parlare di Marx, non si doveva turbare il perbenismo di chi liquidava Marx addossandogli le colpe, vere o presunte, di Stalin; di chi aveva la spudoratezza di mettere sullo stesso piano il nazismo e quel sistema comunista che per sconfiggere il nazismo aveva gettato sulla bilancia della storia milioni di uomini, i compagni di Stalingrado e di Mosca assediata; i veri protagonisti, e vincenti- anche da morti- della unica e vera Resistenza.

E mi viene in mente un discorso di Claudio Fava, carpito su Radio Radicale; che ricordava Berlinguer e la questione morale che in Berlinguer aveva trovato l?alfiere; e diceva, Fava, che la questione morale non serve se non ? prima questione politica; occorre fare la questione politica della Morale; e far discendere la morale del sogno dalla realt? e dal fuoco della lotta politica.

Pubblicato il: 03/08/2008

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